L’arte di conservare: gli ultimi pomodori della stagione estiva
Le origini del pomodoro confit, e un toast con l’uovo.
Con-servare «serbare, custodire, mantenere»
Facci caso, sopratutto in questa stagione, quando si passa dall’estate all’autunno siamo tutti a raccontarci di queste giornate corte, dei colori autunnali, del primo freddo (davvero ci manca quel caldo atroce dello agosto?).
Per mia natura tendo a rimanere ancorata dove sono, difficilmente lascio la mia comfort zone. Non mi sono mai sottratta a nuove avventure, quando sono arrivate. Ma preferisco avere del tempo per abituarmi a cambiamenti, anche a quelli di una nuova stagione.
E a volte ci occorre quell’occhio non vede cuore non duole: al rientro in città avevo accantonato l’idea del mare e dell’estate, eppure mi è bastato trascorrere lo scorso fine settimana, in Abruzzo, con vista mare, mettere anche i piedi in acqua e mi è venuto il desiderio di fermare un po’ il tempo, anche attraverso la cucina. E la voglia di portare con me certi sapori. E di conservare.
Così, martedì mattina, prima di ripartire per Milano, sono stata al mercato dei contadini e ho acquistato gli ultimi pomodori di stagione, in realtà più per gli amici e per mio figlio Lele (qui per pochi giorni) che per me. Devi sapere, che io già in questo periodo non mangio più pomodori freschi. “Mi fanno sentire freddo” dicevo da piccola, e ancora oggi ho questa sensazione quando preparo un’insalata di pomodori. Da sempre vivo un rapporto stretto tra stagioni e cibo, tra caldo-freddo, Yin e Yang.
Ma amo conservare, non solo i ricordi, chiusi nei quaderni o nelle agende, nelle scatole o in un cassetto. Dunque, ho comprato pomodori e peperoni in abbondanza per poterli conservare .
Se ci pensi, l’arte di conservare, in cucina, è sempre stata un’attività primordiale.
Si è conservato tutto ciò che la Natura regalava in abbondanza solo in alcuni mesi. Si conservava per sopperire alla mancanza di cibo. In inverno venivano a mancare sopratutto frutta e verdura.
Per i pomodori, al di la del rituale delle “bottiglie” estive, o dell’essiccazione al sole, della conserva del pelato o di quello a pezzetti, esistevano altri due metodi - meno noti - escogitati per quei pomodori meno buoni e belli. In tempi in cui tutto “faceva buon brodo”, bisognava ingegnarsi perché nulla andasse disperso.
Le piante dei pomodori a fine estate non hanno più la forza e il vigore che viene dal sole, ma sopratutto, la sera-notte prendono troppo freddo. E così la maggior parte non riesce più a maturare. Alcuni pomodori arrivano ad essere rossi e succosi ma rimangono piccoli. Altri non matureranno mai.
E sai cosa si faceva un tempo con quei pomodori? Secondo te li buttavano via?
Alcuni venivano infilati con ago e filo e si facevano delle collane da appendere.
Nella soffitta di casa dei miei nonni, appesi alle finestre semi aperte, c'erano sempre le “crolle” di pomodorini (non i datterini, ma quelli che stentavano a crescere) e l’uva, da fare appassire. Erano le conserve per le feste natalizie.
Nei forni a legna, invece, si cuocevano teglie di pomodori. Finita la cottura del pane si facevano arrostire i pomodori che poi sarebbero stati conservati nei vasetti.
Oggi abbiamo capito molto bene che la cottura in forno esalta i sapori. Sappiamo che la cosiddetta caramellizzazione degli zuccheri (nota come reazione di Maillard) consente la formazione di golose crosticine dove si concentrano grandi sapori. Pensa alla crosta del pane, o quella della lasagna, per non parlare di quella di una parmigiana.
Una trasformazione importante che ti fa capire come a seconda dei metodi di cottura un ingrediente diventa completamente diverso.
Ricordi? Anni fa andava di gran moda il pomodoro confit. Ecco da dove nasce. Dall’abitudine di conservare e non sprecare anche il più piccolo che una pianta di pomodoro dava.
Negli ultimi anni si vede di più il pomodoro cotto nella friggitrice.
Le mode si sa, passano. La saggezza resta.
E la saggezza è quella che ci porta a fare buon uso di ciò che Madre Natura ci offre.
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