La pasta aglio e olio (a regola d'arte)
L'assaggio dell'olio novello è il pretesto per radunare amici e preparare la pasta del trappetaro. Aglio, olio e...
Non mi sembra vero. Siamo davvero a giovedì?
Ho avuto una di quelle settimane definite “senza respiro”. In realtà, ho respirato, eccome, aria diversa, di campagna, di Toscana. Domenica mi sono svegliata con un panorama da sogno e una piacevole atmosfera autunnale. Ero in una villa medicea (eran una delle tenute di caccia) oggi Villa Dianella, a Vinci dove sono stata invitata a fare una presentazione del mio libro Appunti D’Inverno.
Puoi rivederla su Instagram poiché dopo la diretta è stata salvata ed è ancora disponibile sul mio profilo. A Villa Dianella voglio dedicare una delle prossime newsletter perché ho chiesto allo chef la ricetta di un dolce tipico della casa che ho assaggiato al brunch.
Lunedì sera, la presentazione di un progetto editoriale di Lavoratti, azienda storica del cioccolato (rilavata anni fa da Fabio Fazio) e che sta riportando alla luce bellissimi libri come ad esempio i Ragionamenti del mio viaggio interno al mondo di Francesco Carletti. In quella occasione è stata presentata un’edizione realizzata per Natale, stampata a cura di Pontremoli Editore su Favini Crush Cacao, una carta prodotta con gli scarti della lavorazione del cacao! Una vera chicca.
Ieri, invece, c’è stata la presentazione del mio lavoro per l’azienda Ninjia. Una raccolta di ricette ispirate dai sapori della nostra tradizione, italiana e sopratutto mediterranea, adattate alla tecnologia di forni di nuova generazione, tecnologicamente molto avanzati.
Per ora è stata svelata solo la copertina del libro (presentato da Paolo Marchi, noto giornalista gastronomico ideatore di Identità Golose, il congresso dell’alta cucina).
Sono certa inizierai a notare questo marchio, a breve partirà un’importante campagna pubblicitaria con un David Beckham nella veste di pizzaiolo e…
Devo dire che tempo non mi accadeva di essere su un palco davanti a una bella platea di giornalisti e addetti al mestiere. Un po’ di emozione, certo, ce l’avevo. Ma poi la passione in me prevale su tutto, e la gioia di condividere fa sì che la voce d’un tratto si schiarisca e le parole si susseguano senza incertezze.
Mentre facevo la dimostrazione di cucina e spiegavo come usare al meglio la friggitrice ad aria o il forno per pizze e arrosti (da favola), gli ospiti assaggiavano alcuni miei piatti e tutti approvavano. A quel punto mi sono sentita sollevata. In cucina (che ovviamente non gestivo io visto che c’erano 60 ospiti) basta niente e le cose non vengono come dovrebbero. Ma lo chef del DAV ha preparato benissimo anche le mie orecchiette con il ragù bianco e le erbe aromatiche, piatto che ha colpito tutti (ricetta su Appunti D’Estate).
Torno per un attimo indietro, perché martedì ho avuto una cena, a casa mia. La sera prima di un evento importante ? Esatto. Io non sono del tutto normale, forse.
Una cena nata da un “ti devo fare assaggiare un olio nuovo buonissimo” “io ho quello di mia nipote” “ti porto un panettone” e così ci siamo ritrovati in otto intorno alla tavola di casa mia.
L’assaggio dell’olio nuovo è un rito, è un momento emozionante per chi lo produce. Ogni albero è un figlio; le olive, piccole creature. Tu puoi fare tanto per accudirle, proteggerle, trattarle al meglio, la Natura pensa al resto. Può essere generosa e tante volte lo è, ma ci sono anni - come questo - che tra siccità e piogge violente, il raccolto è stato davvero modesto. La resa, molto bassa.
Mia madre ha un amore senza limiti per la sua terra e per quelle piante d’ulivo che guardano i monti e sentono da lontano il profumo del mare. Quest’anno, di nascosto da noi figli - sempre preoccupati quando guida ben 70 kilometri per andare in campagna - è andata più volte a vedere dal vivo la raccolta. Questo per dirti come l’accudimento di quelle piante e la voglia di vedere quelle prime gocce verdi vinca ogni pensiero razionale, proprio come avviene con un grande amore.
L’olio nuovo, dunque, è arrivato. Io preferisco assaporarlo dapprima al naturale. E solo successivamente con una fetta di pane. Ma se vuoi capire meglio l’olio, imparare a sentire bene tutte le sfumature, l’assaggio andrebbe fatto a dovere, guidato da un esperto. Esattamente come si fa per il vino.
Un tempo si assaggiava nel frantoio di produzione, subito, tra una chiacchiera e l’altra sulla resa o sulle piante rovinate dalla grandine, e mentre attendevi il turno per frangere le tue olive, il vicino ti faceva già provare il suo.
Il palato esperto dichiarava il suo è buono. E tutti si sentivano di ringraziare lassù.
Non si parlava certo di acidità o perossidi prima dell’avvento di quelle analisi di laboratorio che hanno portato via un po’ di poesia e fantasia. L’olio si faceva così come veniva, si stava attenti alla maturazione delle olive, ma di certo non si pensava a gestire la temperatura delle stanze. E rigore sulla pulizia e macchinari era sicuramente un di più.
Le giornate erano lunghe e faticose, ma anche più volte nella stessa giornata allietate dall’arrivo di un piatto caldo: la famosa pasta de lu trappetare, così chiamato colui che manovrava il torchio quando i frantoi erano chiamati trappeti.
Un condimento a base di aglio e olio. Entrambi in abbondanza. E poi l’immancabile peperone dolce secco. C’è chi aggiunge qualche oliva nera, chi qualche filetto di acciuga. Difficilmente rinuncio al peperone dolce secco.
A me piace semplice, voglio sentire bene i profumi di un buon aglio, senza che copra il sapore dell’olio (nuovo), cosa che avviene spesso, ahimè.
Fare per bene questo condimento non è facile. Ci sono temperature da rispettare, e passaggi importanti che non sono scontati.
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