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I granetti (o frascatelli/frascarelli)
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I granetti (o frascatelli/frascarelli)

Solo acqua e farina. A primavera con le fave, per un piatto schietto e genuino, che che sa di buono, come dissi la prima volta che l'ho provato.

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Francesca D'Orazio
mag 27, 2025
∙ A pagamento
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Buongiorno, ben trovati intorno alla mia tavola. E grazie di essere qui, grazie di essere numerosi ad aprire la mail. Grazie sopratutto a chi supporta il mio lavoro, fatto non solo di scrittura delle lettere, ma di ricerca, studio, cucina, fotografia…

Sabato scorso, all’alba, ho assistito a uno spettatolo della natura incredibile. Il sole che sorgeva dal mare e dintorno c’erano nuvole plumbee, i colori sembravano quelli del tramonto, eppure…

A volte è proprio questione di attimi. Da cogliere al volo: dopo pochi minuti il paesaggio è cambiato completamente

Stando in Abruzzo, ricetta locale!

Un piatto che difficilmente potrai assaggiare a un ristorante, eppure di gran semplicità. Un piatto che mi lega a ricordi di vita contadina di qualche decennio fa e che non avrei mai immaginato che un giorno l’avrei raccontato qui.

Da piccola amavo andare in campagna e vivere momenti di aria aperta, orto, e sopratutto le feste del raccolto. Ascoltavo i discorsi dei grandi. Ma sopratutto, amavo essere in cucina con le donne indaffarate tra fuochi e spianatoie, osservare in silenzio. E sopratutto captare gesti e sapori.

Ammiravo estasiata, timida come ero non osavo chiedere di mettere le mani in pasta. Eppure quei gesti e quei sapori sono diventati anche i miei, sono così ben impressi nella mia mente da replicarli in modo molto spontaneo e naturale.

E così, anni fa (una quarantina), accadeva che…

Da lontano si sentiva il suono delle campane. Era già mezzogiorno, a casa di Nennella (i nomi sono di fantasia) non c’era quasi nulla di pronto per il pranzo eppure era il pasto più importante della giornata. Pasquale insieme ai figli Nicola e Giovanni sarebbero tornati a breve dai campi. Era un giorno caldo di metà maggio, le giornate si erano allungate, alle sei il sole regalava i suoi raggi e faceva alzare tutti dal letto.

Sicuramente avevano fatto uno sdijune (così chiamata la merenda che spezza la mattinata di lavoro), ma al suono delle campane si tornava a casa, stanchi ed affamati, per un buon piatto corroborante, quasi sicuramente di pasta. Asciutta o in brodo, fresca o secca, poteva accontentare e saziare tutti.

In quella casa era quasi sempre fresca, fatta a mano, perché quella comprata costava di più per loro che producevano il grano, e Nennella soleva dire «e che ci vuole a fa’ due uova di pasta, o du’ sangnette acqua e farina?»

Che ci vuole??? Abilità, passione, dedizione, tempo, ma anche tanta volontà, perché ripetere quei gesti - forse un po’ antichi - potrebbe aiutare a preservarli e tramandarli.

Nenetta si guardò intorno, con lo sguardo sembrava aver organizzato tutto. Aprì il cassettone della vecchia madia dove era riposta la farina. Immediatamente si diffuse un buon profumo di grano. Era appena andata al mulino, ci andava di tanto in tanto, faceva macinare a pietra quel tanto che le serviva per il mese.

Il quel cassettone era riposto anche un piatto fondo, per lei davvero prezioso. Era quello della sua nonna, mostrandomelo mi disse che era l’unico pezzo del servizio, salvato dal terremoto e dai bombardamenti della guerra. Un piatto con il bordino dorato, ormai liso, e decorato con qualche fiorellino, per lo più sbiadito. Nenetta lo usava così come gli americani usano la cup, la tazza, come unità di misura. Lo riempì di farina, la sparse sulla spianatoia di legno.

Le sue mani ruvide e segnate dal tempo, con le nocche irrigidite dall’artrosi, presero la una ciotola d’acqua e la scopetta di saggina. Con pochi gesti dolci ma sicuri bagnò e spruzzò qui e là qualche goccia, direttamene sulla farina. Sembrava stesse ripetendo i gesti di un sacerdote che benedice i fedeli in chiesa. Tanta la gratitudine per quella quella farina, da intercalare i gesti con un che Dio lu benedica.

Farina e acqua, niente altro. Nennella muoveva le dita in modo circolare, d’incanto si formavano dei granuli di pasta. Per lei granitt, per i suoi parenti frascatelli.

Basta spostarsi di qualche chilometro, il termine, cambia completamente.

Mentre le dita lavoravano la farina, con fare veloce e sicuro, mi raccontò che quando nacque Giovannino sua madre le preparava i granetti tutti i giorni «Come lu citele cominciava a strillare, mamma andava a impastare. Lo sai che fare tanto latte? Ricordalo quando sarai mamma».

Intanto, sui carboni del focolare mise il treppiedi, ci poggiò un tegame di coccio, e lì versò l’olio, e poi la cipolla fresca, qualche pezzetto di guanciale; poi le fave fresche, peperoncino piccante, e tanto, tanto peperone dolce essiccato e tritato. Il calore poi compì la magia, il profumo - me lo ricordo bene - mi colpì e mi catturò, lo ricordo come fosse ieri.

Nenetta raccolse i granetti nello stesso piatto e li buttò nell’acqua bollente, dopo poco li prelevò per condirli nel tegame di coccio, aggiungendo anche po’ di intingolo di aglio-olio, peperone dolce e peperoncino che conservava in un vasetto, sempre pronto all’uso.

Neanche mezz’ora, il piatto era pronto e Nenetta mi fece assaggiare. «Vedi, vedi se sa di sale» mi disse, dandomi in mano una cucchiaiata di granetti bollenti.

«Sa proprio di buono!» esclamai.

Era la prima volta che assaggiavo li granitt (a casa dei miei nonni non si facevano). Così buoni non li ho più mangiati. Ho avuto la fortuna di assaporarli più volte, preparati da mani diverse. Ma quelli…

Il condimento fa sicuramente la differenza. A primavera si accompagnano benissimo con le fave, d’estate sono squisiti col sugo di pomodoro fresco, ottimi anche con i fagioli.

Un un piatto dove deve prevalere il sentimento! Sono gli occhi e il cuore che guidano i gesti e l’alchimia del condimento. Probabilmente non ti cimenterai nel replicare questa ricetta. Fa niente, sono lo stesso contenta di averla condivisa con te! Sono certa che andrà a formare il tuo ricettario dell’immaginazione, è quello in cui raccogliamo sensazioni e sapori che percepiamo anche attraverso la lettura di una ricetta. Non è così?

300 g di farina 1 (se possibile farina di solina)

acqua circa 150 ml

olio extra vergine d’oliva

1 cipollotto, tritato

50 g di guanciale tagliato sottilmente

2 cucchiai colmi di peperone dolce tritato

200 g di fave fresche sbucciate

peperoncino piccante

sale

pepe

Portare a bollore una pentola di acqua.

Spargere su una spianatoia la farina, quindi spruzzare sopra acqua calda con le mani o con la “frasca” (può essere utile un pennello) così da formare dei piccoli grumi.

Con le dita mescolare questi grumi, ottenendo delle piccole palline di pasta.

Passare il tutto al setaccio, eliminando la farina in eccesso.

A questo punto in una casseruola (di coccio), preparare un il soffritto con qualche cucchiaio di olio di oliva, cipollotto trito e guanciale.

Far rosolare il tutto unire le fave, precedentemente sbollentate in acqua salata. Salare, pepare, unire il peperone dolce secco tritato, un peperoncino fresco. Salare e pepare.

Cuocere i granetti in acqua bollente salata. Condirli, unendo, dell’acqua di cottura per averli ben umidi (assorbono molta acqua). Servire con peperoncino piccante e, se di gradimento, del pecorino grattugiato.

Devi sapere che nell’ultima settimana li ho preparati ben tre volte e l’ultima volta ho escogitato un metodo facilissimo e modificato un po’ la ricetta che trovi in video (riservato agli abbonati).

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